Stagione lirica del Teatro dell’Opera Giocosa: “Lucia di Lammermoor” di Donizetti al Priamàr di Savona

Secondo appuntamento con la stagione lirica del Teatro dell’Opera Giocosa, giovedì 14 e sabato 16 luglio alla Fortezza del Priamàr a Savona (anteprima Adotta un nonno martedì 12 luglio)

Alle 21,15 andrà in scena “Lucia di Lammermoor“, dramma tragico in due parti di Salvatore Cammarano, tratto dal romanzo The bride of Lammermoor di Walter Scott, con musiche di Gaetano Donizetti.  Lo spettacolo è una coproduzione delle Fondazioni Teatro Comunale di Modena,  Teatri di Piacenza, e Teatri di Reggio Emilia, del Teatro Regio di Parma e del Teatro dell’Opera Giocosa di Savona. L’orchestra e il coro sono quelli della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova.

Nel cast Simone Alberghini (Enrico), Gilda Fiume (Lucia), Matteo De Sole (Edgardo), Marco Ciaponi (Arturo), Enrico Iori (Raimondo), Elena Traversi (Alisa) e Raffaele Feo (Normanno). L’opera è diretta da Sebastiano Rolli, mentre la regia è di Henning Brockhaus ripresa da Valentina Escobar.

Una sera di settembre del 1835: Donizetti rientra a casa pallido e febbricitante, si scusa con gli ospiti che lo attendevano insieme alla moglie Virginia – tra cui il celebre tenore Duprez – e si corica. Non passa molto, si dice qualche minuto, e il compositore consegna agli astanti un foglio pentagrammato fresco di inchiostro: “Tu che a Dio spiegasti l’ali…“. Insomma, da un’emicrania sembra esser nata la pagina sublime che chiude Lucia di Lammermoor. Pochi giorni dopo, il 26 settembre, l’opera va in scena al San Carlo di Napoli, con un cast di primissimo ordine: Fanny Tacchinardi Persiani, Gilbert Duprez, Domenico Cosselli.

Che sia questa leggenda o verità, è risaputo che Donizetti fosse assai veloce nella composizione (oltreché molto prolifico: trentottenne, in diciassette anni di attività aveva già composto quarantatré opere. Il soprannome Dozinetti – non molto elogiativo, in verità – alludeva infatti alla gran quantità di opere scritte (dozzine), anche se queste, a volte, risultavano scadenti (dozzinali), proprio per questa eccessiva velocità.

Fatto sta, comunque, che Lucia è uno dei più grandi capolavori del compositore bergamasco e, in assoluto, del nostro repertorio: azione drammatica a forti contrasti sostenuta da una partitura impeccabile, che scava nella psicologia dei personaggi alternando spazi di delicatissimo lirismo ad accenti melodici e ritmici assai vigorosi. La scena della pazzia (in origine scritta con accompagnamento di glass-harmonica e non del flauto) è il fulcro dell’opera, magistrale raffigurazione sonora di una mente sconvolta, momento toccante e intenso, studio profondo dell’interiorità: non a caso sarà esempio per più d’una delle opere a venire.

Quattro i personaggi principali, che rispondono ad uno schema drammaturgico ben preciso, già codificato: il giovane eroe oppresso dalla tristezza e dal rancore (Edgardo) perché ha subito lutti e usurpazioni; l’antagonista, appunto, usurpatore (Enrico); la donna angelicata, alla quale lo scontro tra gli avversari toglierà il senno (Lucia) e il possibile “salvatore” (Raimondo), che tenterà invano, in nome della dignità sacerdotale, di evitare la tragedia. Il linguaggio musicale, da parte sua, vuole raffigurare con maggiore immediatezza le situazioni sceniche, ma rimane legato alla tradizione belcantistica, elaborando melodie che dall’accentazione delle parole si sviluppano in motivi semplici, teneri, malinconici; a Lucia sono riservate varie tipologie di scrittura: canto spianato ma anche e soprattutto virtuosismo (trilli, note ribattute, picchettati) ad esprimere amore, passione, terrore, ma soprattutto lo squilibrio mentale. A tutto si aggiunge la complessità e la grande varietà dei recitativi, che rende più serrato il ritmo della narrazione, e le pagine di insieme, in cui spicca il sestetto finale. L’ambientazione fosca e carica di presagi infonde da subito un pessimistico senso di predestinazione ineluttabile, che si compie con la morte degli amanti; le vicende dell’opera favoriscono la sofferta identificazione del pubblico nelle figure dei due infelici protagonisti, in particolare di Lucia, la cui interiorità è continuamente scandagliata in orchestra.

Il libretto, scritto da Salvatore Cammarano e tratto dal romanzo The bride of Lammermoor di Walter Scott (1819), è piuttosto fedele all’originale e fu elaborato, anch’esso, in tempi molto contenuti. Scott, riferendosi alle lotte fra i seguaci di Guglielmo III d’Orange e i fedeli del detronizzato Giacomo II, aveva collocato il suo romanzo nella Scozia del 1689, mentre Cammarano retrodatò Lucia alla fine del Cinquecento.

La Première – appunto il 26 settembre 1835 – ebbe tra il pubblico un successo travolgente: complice anche la sensibilità contemporanea, per cui centrale era il dramma della donna nel contesto familiare della società borghese ottocentesca. Prova ne siano, tra l’altro, le pagine indimenticabili dedicate a Lucia in Madame Bovary di Flaubert.