Savona, Teatro dell’Opera Giocosa, in scena al Priamàr il “Rigoletto”

Debole e turpe, morboso, abietto e disperato; per questo, a suo modo, folle. E poi, inesorabilmente,  annientato, inghiottito dalla maledizione.

Capolavoro di introspezione psicologica e di intensità drammatica, Rigoletto, melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, va in scena alla Fortezza del Priamàr di Savona venerdì 17 giugno alle ore 21.15, primo appuntamento lirico estivo dell’Opera Giocosa (replica sabato 18 giugno, ore 21.15).

Del cast fanno parte Roberto Iuliano (Duca di Mantova), Rodolfo Giugliani (Rigoletto), Linda Campanella (Gilda), Rocco Cavalluzzi (Sparafucile), Sabina Cacioppo (Maddalena), Stefano Marchisio (Monterone), Romano Franci (Marullo), Raffaele Feo (Borsa), Paolo Bergo (Ceprano), Simonetta Baldin (Contessa di Ceprano), Elena Rosolin (Giovanna), Riccardo Ambrosi (Usciere di corte), Simonetta Baldin (Paggio).

Orchestra Filarmonia Veneta e Coro Lirico veneto. Produzione Teatro dell’Opera Giocosa di Savona in collaborazione con il Teatro Sociale di Rovigo.

Rigoletto, buffone al soldo dei cortigiani, gobbo, deforme, si prende gioco di mariti traditi e padri disonorati, lingua velenosa che deride, esaspera, ferisce senza pietà. Un essere spregevole, disprezzato da tutti. Poi la maledizione. Di qui il tormento interiore, la sofferenza, il dolore, un’umanità disperata che trabocca da quel corpo deturpato, la consapevolezza amara di se stesso, il presagio di disgrazia che lo stringe in una morsa assassina. E, tassello mancante di un così complesso mosaico, il sentimento prepotente e morboso di Rigoletto padre, che vive per l’unica figlia, amata e prediletta ossessione, tenuta all’oscuro di tutti, lontana dagli orrori del mondo. Insomma, la fragilità dell’essere umano nascosta dietro la squallida scorza di un essere abietto.

Un’opera intensa, ricca di forti passioni, in cui convivono amore, tradimento e desiderio di vendetta; con il tema della maledizione che percorre la partitura da cima a fondo e che non dà tregua. Un perfetto equilibrio di ispirazione melodica e drammaticità, un approfondimento della psicologia dei personaggi  così marcato da considerarsi l’avvio di un percorso compositivo peculiare, una ricerca insistita di forza e veridicità drammatica, progressiva, sempre più intensa: che è poi la cifra della produzione matura di Verdi.

Tratta da Le roi s’amuse (Il re si diverte) di Victor Hugo, l’opera si scontrò, sul nascere, con la censura, che vietò la rappresentazione di un re come cinico libertino: la rappresentazione fu autorizzata soltanto a patto che il protagonista fosse trasformato in un anonimo Duca di Mantova (in realtà riconoscibile in Vincenzo I Gonzaga). Verdi, però, non voleva fare del duca il protagonista dell’opera, bensì il suo buffone: da qui il titolo di “Rigoletto” dal nome del protagonista francese “Tribolet”; titolo comunque di ripiego, visto che la censura aveva osteggiato anche quello originale “La Maledizione”. L’opera debuttò alla Fenice di Venezia l’11 marzo 1851 ed è la prima della cosiddetta “Trilogia Popolare” insieme a “Traviata” e “Trovatore”.