Torta Pasqualina: una ricetta che unisce tutta la Liguria

Un territorio è anche quello che mangia. Quello che lo nutre tutti i giorni, che gli dà la forza, la fantasia, la volontà, e quello che lo nutre nei giorni di festa, quando c’è bisogno non solo di introdurre calorie per il corpo ma medicine per lo spirito. E’ allora che il cibo, oltre che cultura, diventa rito. A Pasqua la cucina ligure ha il richiamo alla festività già nel nome del suo piatto tipico: la torta pasqualina. E’, se vogliamo, una delle poche cose che unisce realmente l’intera regione, ed è pur vero che ogni famiglia ha la sua ricetta esclusiva ma, da Ventimiglia a Sarzana, è forse l’unico piatto irrinunciabile del pranzo pasquale. Poi, certo, c’è chi la preferisce di carciofi, quelli spinosi, tenerissimi, di Albenga, chi di bietole, chi di erbette e chi un mix, ma il suo profumo, i suoi colori, il suo sapore sono unici. I colori sono il riassunto della Liguria, con il giallo dell’uovo ormai sodato in formo che richiama il sole, i verdi della verdura che ricordano il mare e la collina. I profumi, di forno, di olio, di maggiorana e orti sono un trionfo della primavera, della natura che torna prepotentemente a rinascere dopo i rigori (quest’anno nemmeno tanto, ad onor del vero) dell’inverno.

Poi, ovviamente, c’è la tradizione. Quella gastronomica, senza dubbio, ma anche quella culturale e religiosa. Nella torta pasqualina entra con decisione l’uovo, simbolo della Pasqua cattolica, e, soprattutto, le sfoglie che servono a comporla, 33, come gli anni di Cristo. Certo, oggi non sono certamente molti quelli che realizzano la torta pasqualina con 33 sfoglie ma tant’è, così vorrebbe la tradizione.

L’esistenza della torta pasqualina genovese è documentata dal XVI secolo, quando il letterato Ortensio Lando la cita nel Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano. Allora era nota come gattafura, perché le gatte volentieri le furano et vaghe ne sono, ma anche lo stesso scrittore ne era ghiotto tanto da scrivere: “A me piacquero più che all’orso il miele”.

Nei secoli scorsi uova e formaggio, ingredienti essenziali della pasqualina, erano alimenti che si consumavano solo nelle grandi ricorrenze.