Lirica: “Nina”, la “folle par amour” che illumina il Settecento, in scena al Teatro Chiabrera di Savona

Andrà in scena domenica 16 ottobre, al Teatro Chiabrera di Savona, “Nina, o sia la pazza per amore”, commedia in prosa ed in verso per musica  di  Giovanni Paisiello  tratta dalla commedia Nine ou La Folle par amour  di Benoit-Joseph Marsollier des Vivetières (ore 15,30).

“Nina è impazzita. – dice la regita Stefania Panighini – E’ una donna, ma ora di lei vive solo la bambina, che corre nel suo labirinto di giochi e sogni, lontano dalla realtà, in un mondo da cui la risveglierà solo il bacio del principe azzurro. Proprio come in una favola”.

L’opera di Paisiello, perspicace rappresentazione di una mente obnubilata dalla follia, tratteggia un personaggio complesso e apre uno scorcio sulle impenetrabili dinamiche della psiche umana: Nina diviene l’archetipo di tante eroine del secolo successivo. Folli, per amore.

Cast: Giuseppina Piunti (Nina), Francisco Brito (Lindoro), Rocco Cavalluzzi (Conte), Carolina Lippo (Susanna), Andrea Vincenzo Bonsignore (Giorgio).

Direttore: Alvise Casellati. Regia e Scene: Stefania Panighini. Costumi: Veronica Pattuelli. Scene realizzate da Damiano Pastoressa

Orchestra Sinfonica di Sanremo Coro Lirico Pietro Mascagni di Savona.

Maestro del Coro: Gianluca Ascheri

In collaborazione con il Giovanni Paisiello Festival di Taranto. Prima esecuzione assoluta dell’edizione critica di Lucio Tufano, che riprende la prima versione andata in scena in S. Leucio (Caserta), Palazzo Reale, il 25 giugno 1789.

Esempio tra i più illustri di “opera sentimentale” e del genere larmoyant settecentesco, Nina riesce tuttavia a raggiungere un felice compromesso con il genere buffo di impronta napoletana. L’opera – che ebbe una straordinaria fortuna sin dal suo debutto – piacque soprattutto per il tema, coinvolgente e di forte impatto, valorizzato dall’uso dei recitati; pratica  estranea, questa, alla tradizione operistica italiana. La Nina ha un ruolo fondamentale nel passaggio da antico a nuovo regime ed è testimonianza del mutamento di gusto del pubblico dell’epoca.

Vero e proprio topos letterario e teatrale, la perdita di senno sanciva l’incomunicabilità tra il soggetto e  chi lo circondava: vuoto colmato – almeno idealmente – con la morte (così in diverse opere “serie” anche successive), o, come in questo caso, con la guarigione e il lieto fine. Tuttavia, la svolta sta nel considerare la follia come rivelazione dell’animo umano e darle quindi la giusta importanza nella delineazione psicologica del personaggio.

“La follia vive di immagini, di ricordi, di suggestioni, di sprazzi di luce che compongono un labirinto variegato e complesso, spesso senza via di uscita: ognuno di noi è folle a suo modo, a seconda della propria storia, delle proprie delusioni, dei propri amori, ognuno di noi percepisce una realtà sempre differente dagli altri, in un mondo che dunque si manifesta come un caleidoscopio di tante forme diverse. Una donna, che conserva dentro di sé l’animo di una bambina: ecco la mia Nina. Una donna che insegue la propria follia a ritroso fino all’età dei giochi, delle chimere e delle favole, una follia da cui è difficile risvegliarsi, se non attraverso il bacio dell’innamorato (proprio come in una favola). Due bambini che si inseguono, corrono a perdifiato per poi addormentarsi sotto un albero, un’amicizia infantile  che si trasforma in amore adulto, senza soluzione di continuità, un castello che cresce intorno a loro senza sosta, verso un futuro pieno di felicità. Poi in un attimo arriva il buio”.  (S.Panighini)

Sebbene Nina fosse stata concepita come unicum destinato a uno specifico evento della vita di corte, la sua fama presto si diffuse nella città di Napoli. Durante il mese di luglio del 1789, il teatro dei Fiorentini ospitò alcune rappresentazioni dell’opera nella versione originale in un solo atto, così che il pubblico della capitale potesse farsi un’idea dello spettacolo: un anno dopo, Nina venne inserita nel cartellone ufficiale dello stesso palcoscenico. In tale occasione Lorenzi e Paisiello rielaborarono la partitura nata per San Leucio allo scopo di adeguarla alle dimensioni di una normale ‘commedia per musica’: mantennero, in via eccezionale, l’alternanza di dialoghi in prosa e numeri di canto, ma divisero l’azione  in due atti (denominati ‘parti’ nel corrispondente libretto).

Le due versioni di Nina (quella in un atto solo del 1789 e quella in due atti del 1790) sono entrambe legittime, in quanto testimoniano la diversa reazione di uno straordinario uomo di teatro come Paisiello  alle  specifiche circostanze nelle quali gli fu dato operare. Tuttavia ,poter riascoltare  Nina nella sua forma originaria, più compatta e più serrata, costituisce un’occasione rara e preziosa e consente di cogliere in purezza i tratti peculiari di un’opera fortunata  e – davvero – geniale, tra le più riuscite del suo autore.